Psicologia

C’era una volta

“C’era una volta…”. Cominciano così tutti i racconti, le storie, che siano di vita reale o favole, miti o leggende che si rispettino. Anche la storia di vita di un bambino dovrebbe cominciare così; una storia che nasce da un racconto e si forma a partire da quel che i genitori a mano a mano offrono e narrano al bambino, con il corpo, con le parole, con la relazione. Il bambino per crescere ha bisogno di tutto il suo bagaglio della sua storia personale, per creare il racconto di sè con il mondo e nel mondo;

Cristina Emiliani Russo, logopedista

Il bambino per crescere ha bisogno di tutto il suo bagaglio della sua storia personale, per creare
il racconto di sé con il mondo e nel mondo; racconto nutrito e narrato prima dalla famiglia, poi da chi si prende cura di lui di volta in volta e infine dagli incontri che farà. Ecco che il gioco diventa per il bambino l’opportunità di sperimentare e agire quello che c’è dentro di lui, per conciliarlo con ciò che sta fuori; il gioco è l’opportunità di crescere nella condivisione con se stesso, nel gioco indivi- duale e nella condivisione con il mondo, nel gioco con gli altri. La rabbia, la paura, la tristezza e
la solitudine trovano un posto certo e sicuro per essere esplorate, attraversate e trasformate in qualcosa di buono da sentire. E allora diventa sempre più difficile scegliere un gioco da comprare o da “fare” in questa pluralità di proposte e di intendi.
Giochi reali o virtuali? Tecnologici o artigianali? Di carta, plastica, in plexiglass o legno? Un orso
di peluche con il quale dormire, la bambola di pezza o il pallone da calcio portato sotto il braccio. Oggetti di transito tra il dentro e il fuori. Nella valigia quando si parte, nello zainetto per andare a scuola. Il bambino che gioca dà corpo e voce ai fantasmi percepiti, portandoli fuori e vivendoli.
Il gioco diventa simbolico: il bambino fa finta di…arrabbiarsi, ridere o piangere. Di fingersi re, regina, cattivo o buono, strega o fata. Il gioco riveste allora la funzione compensativa di dare al bambino un ruolo, quello di protagonista e creatore di uno spazio autentico e protetto, immaginato ma fortemente reale. Il gioco buono e giusto è quello che riesce a raccontarsi al bambino che lo gioca. Quello che diventa ponte tra immaginazione e realtà; tra vissuto personale e narrazione del mondo che lo circonda. Quello che crea sempre una prospettiva di relazione e uno sfondo vissuto fatto di arcobaleni e cieli stellati ma anche di boschi e antri bui. Il gioco vero, nutre e disseta e comincia sempre con “C’era una volta… un bambino”, ma questa è un’altra storia.

Cristina Emiliani Russo

Logopedista, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, ha maturato esperienza in prevenzione e trattamento dei disturbi di linguaggio dell’età evolutiva. Si è formata in pedagogia relazionale del linguaggio presso l’Istituto Cloude Chassagny e conseguito master in disturbi specifici dell’apprendimento presso l’Istituto LR psicologia.

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