Sorella di Apollo, il dio del Sole, nacque da Zeus e Latona. Artemide era contemporaneamente la dea della caccia e la personificazione divina della Luna. Chiese ed ottenne dal padre Zeus di poter vivere senza sposo, libera e senza passioni, nelle valli e nei boschi, rincorrendo il cervo o il cinghiale, insieme con lo stuolo delle sue Ninfe armate di arco e frecce. Durante la notte le sue scorribande da appassionata cacciatrice si identificavano con il lungo e lento cammino della luna attraverso il cielo. Regina delle foreste e dei monti, dispensatrice della rugiada e della pioggia benefica, era la protettrice dei viaggiatori nella tenebra notturna. Quando spuntava il mattino, Artemide deponeva l’arco e le frecce ed entrava nella dimora splendida di Apollo, dove dirigeva i cori e le danze delle Muse e delle Grazie, vestita di un ricco abito. La virtù di questa dea era rigida e scontrosa. Il cacciatore Atteone, per aver osato guardarla mentre, con le sue Ninfe, stava per discendere in una fontana per tergersi il corpo dalla polvere a seguito di una battuta di caccia, venne da lei trasformato in cervo. I cani si gettarono sull’infelice e lo dilaniarono. Una sola volta Artemide si innamorò. La dea amò con una tanta tenerezza il bel pastore Endimione che, per volere di Zeus, dormiva senza fine in una grotta nei monti della Cria, e non conosceva le gioie e i tormenti del vivere, né poteva essere vittima della morte. Afrodite, sotto il nome di Selene, penetrava ogni notte nella grotta e lo contemplava con estasi silenziosa. Ma Afrodite fu anche crudele con Niobe. Questa figlia di Tantalo aveva sette figli e sette figlie bellissime. Andava dicendo che neanche Latona aveva messo al mondo una prole così splendida. Latona l’udì, arse di collera ed affidò ai suoi figli la vendetta. I Niobidi morirono tutti, i maschi trafitti dalle frecce di Apollo, le femmine da quelle di Artemide. Niobe restò seduta tra i cadaveri insepolti, per nove giorni, impietrita dal dolore. Infine, Zeus ebbe pietà di lei e sul monte Sipilo la trasformò in una rupe. Afrodite veniva rappresentata con l’aspetto di una fanciulla bella ed energica, vestita di un leggero chitone e armata di un arco e di una faretra piena di frecce. Sul suo capo brillava talora una corona di stelle, ma più comunemente il carattere di dea della luna era dato dalla mezza luna che le ornava la fronte. Spesso l’accompagnava una cerva o una cane, animali a lei sacri. Altre volte la si vedeva ritta sul suo carro, in aspetto di cacciatrice, tirata da cerve che s’impennavano.