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PROTEO

Dio marino, secondo la leggenda, figlio di Poseidone e di Teti, custode, per incarico del padre, delle foche e dei vitelli marini. Come le altre divinità marine, egli aveva il dono della divinazione, ma era assai difficile avvicinarlo e richiedergli un vaticinio. Era necessario sorprenderlo nel sonno e legarlo stretto, senza temere che egli assumesse le diverse forme di leone, di tigre, di pantera, di cinghiale, di drago, di albero, di acqua corrente che egli aveva il potere di assumere, per sottrarsi alle domande che gli fossero state rivolte. Solo da legato egli era costretto a predire il futuro. A lui fece ricorso Menelao, trattenuto con le sue navi in Egitto a causa della mancanza di venti propizi alla navigazione. Di lui ebbe compassione Idotea, figlia di Proteo, la quale gli insegnò il modo per sorprendere il padre e costringerlo a svelargli la volontà degli dei. Fece scegliere a Menelao tre dei suoi più valenti soldati e portò loro quattro la pelle di quattro foche, della quale li fece rivestire. Così travestiti, li fece attendere sulla riva del mare che, a mezzogiorno, il padre uscisse dalla sua grotta presso l’isola di Faro, passasse in rassegna le foche a lui affidate e poi si riposasse. All’ora fissata, le foche uscirono dal mare e si coricarono in fila sulla spiaggia, accanto a Menelao ed ai suoi uomini. Proteo li contò e, poiché il numero era corretto, si mise a dormire. Allora, i quattro si lanciarono su di lui e lo legarono, senza spaventarsi delle forme che assumeva. Proteo, costretto ad arrendersi, diede a Menelao tutti i consigli richiesti. Interrogatolo sulle sorti degli eroi che erano stati suoi compagni durante l’assedio di Troia, Menelao seppe della tragica sorte accaduta al fratello Agamennone e di Ulisse, ospite della ninfa Calipso, presso l’isola di Ogigia.



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